di Valerio Evangelisti

CesareESuaFiglia.jpgLa parola all’espressione iperrealistica dell’ignoranza più totale.

CESARE BATTISTI, NON DEGNO DEL NOME

Mi stupisco che, a proposito di Battisti, l’individuo spregevole, l’infame, il vigliacco, il maestro nell’arte della menzogna e della fuga, nessuno si sia ricordato dell’altro Cesare Battisti, il patriota, l’irredentista, l’eroe. Io vorrei dare un consiglio al signor (da notare la minuscola) Battisti e rivolgergli un invito. Se avesse una briciola di senso dell’onore dovrebbe fare una cosa sola, far cambiare il suo nome di battesimo, perché non è degno di chiamarsi come un uomo che è stato impiccato per non aver voluto tradire i suoi ideali e l’Italia.
Roberto Giordano, Tende, Alpes Maritimes

Da il manifesto (che vergogna! Senza nessun commento!) del 5 febbraio 2011

E’ forse il caso di ricordare, in maniera sintetica, i motivi per cui, nel 2004, divulgammo un appello contro l’estradizione di Cesare Battisti dalla Francia. E perché manteniamo, in circostanze cambiate (oggi è prigioniero in Brasile), il nostro sostegno.

Un processo dubbio

– Quando Battisti subì il primo processo, nel 1981, fu condannato a 12 anni di prigione per possesso di armi e associazione sovversiva. La pena risultò pesante perché aumentata da finalità terroristiche. Evase, riparò in America Latina.
– Le condanne successive all’ergastolo gli caddero addosso lui assente. Una serie di “pentiti” dei PAC, Proletari Armati per il Comunismo, gli attribuirono tutti i crimini compiuti dall’organizzazione. Solo poco a poco ammisero che certi delitti attribuiti a lui li avevano commessi loro.
– Il pentito principale, Pietro Mutti, smentì più volte se stesso. Ha di recente lasciato intuire che lo fece sotto tortura (vedi qui). Le sue rivelazioni sono tutte di seconda o di terza mano. Ha detto poco tempo fa che vide di persona Battisti uccidere il direttore del carcere di Udine, Santoro. Peccato che, dagli atti giudiziari (è raccomandabile leggere la sentenza completa), ciò non risulti possibile. Mutti avviò anche l’infausta “pista veneta”, che vedeva l’OLP di Yassir Arafat quale sponsor delle Brigate Rosse. Finì in nulla.
Noi preghiamo di leggere la sentenza del 1988 contro Battisti e i PAC. Sembra irreale, eppure è quella vera. A quel tempo le sentenze si scrivevano così, con catene di “sentito dire”. Oggi si spera — senza troppa convinzione — che sia diverso.
– Mutti fece arrestare tale Sisinnio Bitti. Lo aveva ascoltato, in un bar, dirsi d’accordo con l’omicidio del gioielliere Torregiani. Bitti fu arrestato e sottoposto a percosse che gli lesero l’udito. Successivamente fu catturato di nuovo e subì anni di prigione. Ciò per la frase al bar, udita da Mutti.
– A parte l’incrocio tra pentiti e dissociati, non esiste alcun riscontro ulteriore che accusi Battisti.

Battisti è innocente?

Non possiamo affermarlo. Di una serie di azioni armate, inclusi azzoppamenti e atti gravi, fu sicuramente responsabile, e non lo ha mai negato. Ci limitiamo a notare che:
– Il caso che gli viene più di frequente attribuito, l’omicidio Torregiani, è l’unico che sicuramente non lo vide presente. I colpevoli furono arrestati poco dopo il delitto. Battisti, accusato del simultaneo omicidio Sabbadin, fu tirato in ballo molto più tardi, per avere partecipato alla riunione che decise i due attentati.
– Battisti fu condannato in contumacia, e mai più potrà rispondere dei suoi presunti crimini. La legge italiana, unica in Europa, non prevede una ripetizione del processo, qualora il contumace sia catturato.
– Se estradato in Italia, verrebbe sottoposto al famigerato articolo 41 bis, riservato a terroristi e mafiosi. Avere contatti con lui diventerebbe difficilissimo.
– Fra i motivi di riluttanza delle autorità brasiliane all’estradizione, c’è il fatto che lì la colpa si estingue in vent’anni di buona condotta. Da noi in trenta, e non è detto (fonte: Amnesty International, Brasile).
– La legislazione brasiliana non contempla l’ergastolo, ritenuta sanzione disumana, al pari della pena di morte.

Era uno scrittore. Un’aggravante?

Si direbbe di sì.
– Commentatori come Mario Pirani hanno definito i romanzi di Battisti dei “gialletti”, e si sono vantati di non averli mai letti.
– Altri commentatori, partendo dal fatto che alcuni romanzi di Battisti sono stati pubblicati dalla collana Série Noire, appartenente alla casa editrice Gallimard, hanno ipotizzato che l’autore frequentasse i migliori salotti della società letteraria francese, e si nutrisse di ostriche e champagne.
– Comuni osterie e ristoranti economici sono stati descritti quali locali di lusso, in cui Battisti consumava le sue orge politico-letterarie.
– Umberto Eco, diventato – da quando si è tagliato la barba – la caricatura di ciò che era un tempo, sostiene che “ingenui” intellettuali francesi (di basso taglio, secondo lui) hanno influenzato gli ancor più ingenui brasiliani, Lula incluso. Bravo, cocco, vai a dormire. Hai già dato, è inutile che insisti.
Battisti pubblicava in edizioni prevalentemente tascabili, guadagnava il sufficiente per vivere appena. Il resto gli veniva dalla sua attività di portinaio. In uno stabile popolare sito in un quartiere popolare.
Le fantasie sull’argomento dimostrano le leggende, piene di rancore, che circondano il mestiere dello scrittore. Di volta in volta parassita o privilegiato.

Trenta anni dopo

– Battisti è imprigionato. Da anni, lasciata l’America Latina, si era stabilito in Francia, aveva messo su famiglia. Conduceva una vita modesta e tranquilla. Non era un pericolo per nessuno. Un governo di destra revoca d’un tratto la “dottrina Mitterrand”: l’accordo di fatto tra François Mitterrand e Bettino Craxi perché la Francia conceda asilo agli ex militanti italiani che hanno rinunciato alla lotta armata (quasi duecento).
– Battisti viene messo in prigione, nel 2004, con un pretesto. Quale portinaio, avrebbe aggredito l’inquilino di uno stabile vicino. Aggressione mai avvenuta. Una pura invenzione,
– Battisti fugge ancora, va in Brasile, finisce in carcere. Il ministro Tarso Genro gli concede un motivato asilo politico. Il presidente uscente Lula lo conferma l’ultimo giorno del suo mandato. La nuova presidentessa Dilma Roussef manda gentilmente a cagare Napolitano, che reclama l’estradizione del super-mega-terrorista. Un Carlos persino più letale
– Il vice-presidente del Supremo Tribunale brasiliano, César Peluso, rifiuta di ottemperare agli ordini di Lula e di liberare Battisti. Chiede che si riunisca il Supremo Tribunale, disperso dalle vacanze. Lo stesso tribunale che aveva demandato al presidente del Brasile ogni decisione finale sul prigioniero per antonomasia.
Intanto un uomo solo, spaventato e imprigionato, ogni tanto condannato e ogni tanto assolto, si vede indicare, in Italia e nelle parti più marce del mondo, quale pericolo universale. Sbavano contro di lui Napolitano, Umberto Eco, Barbara Spinelli, centinaia di intellettuali affamati delle sue carni. Fascisti, centrosinistri, post-comunisti, liberali del cazzo, scorreggioni televisivi. Tutta gente che ha avallato le guerre più orrende, o che è coinvolta in inchieste del tipo “organizzazione di prostituzione minorile”.
Tieni duro, Cesare. Con quella gente ci spazziamo il posteriore. Ti tireremo fuori.
Solidarity forever!