di mazproject.org

storytellerNasce il portale mazproject.org, un sito nato per ospitare racconti, ma anche video, fumetti, storie raccontate in forme multimediali ibride e non identificate. Uno spazio aperto, predisposto alla narrazione collettiva.

“Senza la narrazione, le rocce, le piante e gli animali vanno avanti benissimo. Ma le persone no. Le persone vagano smarrite. Si fanno male. Si arrabbiano e si fanno male a vicenda. […] Tutto è confuso. Tutti stanno male. Ma questo è grave, gravissimo, no? Perché badare alle cose è il nostro compito, no? Badare alle cose, badare a noi stessi. […] Se non raccontiamo il mondo, noi non conosciamo il mondo. Ci perdiamo nel mondo, moriamo. Ma dobbiamo raccontarlo bene, in modo veritiero. Chiaro? Dobbiamo prenderci cura di esso e raccontarlo com’è davvero. Ecco cos’è andato storto. Laggiù, laggiù nella regione di Dovza. […] Ingannare la gente per denaro! Arricchirsi con le bugie, tiranneggiare la gente! Non c’è da meravigliarsi se la polizia ha preso il potere!” (The Telling, Ursula K. Le Guin)

Cosa significa raccontare il mondo? Cosa significa raccontare storie? Negli ultimi anni, in vari ambienti anche differenti tra loro, si è andata affermando la convinzione che, per lottare contro i dispositivi di controllo sociale e di dominio sia necessario opporsi ad un generica narrazione intesa come creazione di immaginario – l’ atto di raccontare storie – considerata in sé uno strumento di inganno, un arma di distrazione di massa, da contrapporre ad una neutrale e salvifica esposizione della verità, dei fatti. Raccontare storie è invece necessario perché sono e restano un fondamentale mezzo di analisi e costruzione del reale. Anche la fantascienza è diventata strumento di analisi e previsione dei fenomeni sociali: basti pensare a Ballard, a Orwell, o quel geniale veggente di Gibson. Fu per questo, per esempio, che negli anni ’70 Antonio Caronia con altri militanti fondò il collettivo Un’Ambigua Utopia, nato con lo scopo di “colmare la lacuna esistente nella cultura di sinistra nei confronti della fantascienza”.

Citando i Wu Ming, da Giap:
“Non c’è mai stata un’età del mondo in cui la comunicazione fosse sganciata dal racconto e dalle mitologie depositate nel linguaggio. La narrazione non occupa un campo specifico (di mero intrattenimento), e non esiste un discorso logico-razionale “puro”. Leibniz sperava che un giorno qualunque disputa si sarebbe potuta risolvere con un calcolo, ma per fortuna quell’alba non è mai sorta. Il positivismo ha sognato che la scienza potesse emanciparsi una volta per tutte dai suoi trascorsi filosofici e letterari, ma i maestri del sospetto – Marx, Nietzsche e Freud – hanno rinvenuto tre cariche esplosive alle fondamenta dell’oggettività scientifica: gli interessi economici, la volontà di potenza e l’inconscio. Quest’ultimo è molto più vasto di quel che si credesse fino a trent’anni fa: non comprende solo istinti e desideri repressi. La scienza cognitiva ha scoperto che il pensiero lavora per lo più in maniera inconscia e che buona parte di questi meccanismi neurali nascosti richiamano strutture narrative. Scheletri di miti e leggende sono tatuati sui nostri cervelli con un inchiostro elettrico. Le storie ci sono indispensabili per capire la realtà, per dare un senso ai fatti, per raccontarci chi siamo. Abbiamo bisogno di scenari e le narrazioni ce li forniscono, spesso con un vantaggio importante rispetto alle cosiddette analisi razionali: le storie ci fanno emozionare e le emozioni, lungi dal contagiarla, sono invece un ingrediente essenziale della ragione. Senza rabbia, passione, tristezza e speranza non saremmo in grado di ponderare la più piccola scelta […] Non sorprende allora che il potere si sia sempre appoggiato a miti e leggende. E forse, per tutta risposta, basterebbe continuare a fare quel che abbiamo sempre fatto: sgonfiare le favole dei potenti, raccontare altre storie”.

La narrazione, inoltre, è un processo collettivo. Le storie passano di orecchio in orecchio, gli ascoltatori si fanno menestrelli in un susseguirsi di scambi, e patrimonio narrativo comune è alla base della costruzione del reale. Inoltre, come recenti pubblicazioni dimostrano, ad esempio SIC o Tifiamo Asteroide, i nuovi mezzi di comunicazione offrono la possibilità di costruire narrazioni collettive in forme nuove, oltre le logiche autoriali.

Sì, ok ma… cos’è Maz?

Sgonfiare le favole dei potenti, raccontare altre storie. Questo è l’obiettivo che, in forme tutte da scoprire, il progetto Maz si pone.

Maz è uno spazio aperto, un’officina alla ricerca di nuove esperimenti narrativi.

Maz è un sito nato per ospitare racconti, ma anche video, fumetti, storie raccontate in forme multimediali ibride e non identificate.

Maz è un laboratorio per analizzare le narrazioni dominanti, disintossicare narrazioni tossiche, indagare nuove forme comunicative e mezzi di costruzione di un immaginario di movimento adatto alla fase attuale.

Ma Maz è soprattutto uno spazio predisposto alla narrazione collettiva, all’ibridazione e alla sperimentazione di progetti di scrittura e produzione collettiva. Come primi lavori vi proponiamo due racconti inediti: il mini-racconto distopico Le dimissioni di Roberto Gastaldo e La cicatrice di Mauro Vanetti, narrazione di riflessione sulla condizione migrante.

Per inviarci racconti, analisi, fumetti, proposte di scrittura collettiva o di altri progetti da intraprendere in futuro scriveteci a mazproject.mail@gmail.com oppure contattateci sui social:

Pagina su Facebook: https://www.facebook.com/m4zproject/

Account di twitter: https://twitter.com/mazthetelling

“Sutty non penetrò in quella giungla. Ricordò che intendeva scoprire cosa facessero effettivamente i maz. I maz eseguivano, o recitavano, o facevano, la Narrazione. Raccontavano.”

Maz – Raccontiamo storie

http://www.mazproject.org