di Mauro Baldrati

italiano-medioItaliano Medio, questo (s)conosciuto.
Quante parodie, quante riduzioni comiche e macabre sono state realizzate su questo archetipo. Cos’erano i due “ganasa”, che hanno regnato per un ventennio a testa, se non proiezioni degli istinti bassi dell’italiano medio? Potere assoluto, pose da guascone, sciatteria, sbracamento, esibizione tracotante di privilegio, ipocrisia, barzellette laide.
Ovviamente l’italiano medio è il frutto di una generalizzazione, come la volgarizzazione della statistica: se uno ha un mezzo pollo, un altro un pollo e mezzo, l’italiano medio ha un pollo. Anche se non è vero, anche se in realtà non c’è equilibrio, e la maggioranza, che possiede solo mezzo pollo, non si riconosce nell’italiano medio.
Eppure, qualcosa di simile e/o di verosimile all’archetipo deve pure esistere, se il cinema lo rappresenta da anni: le macchiette di Alberto Sordi, di Totò, di Fantozzi, di Carlo Verdone costituiscono un archivio abbastanza esaustivo.
Italiano Medio, maschio, perché l’Italiana Media, allo stato attuale, non risulta identificata con altrettanta vivacità.
Ma chi è l’italiano medio nel film di Maccio Capatonda? Perché ci sono tre tipi che si alternano, o meglio, due, più uno che sembrerebbe riassumerli entrambi in un finale stabilito d’autorità, perché la storia e i personaggi, forse sfuggiti di mano, non permettono una vera sintesi. Dobbiamo pure terminarlo questo film.

Il primo è l’estremizzazione comica dell’ecologista fondamentalista: vegano, ambientalista, non fa neanche le scorregge per non contribuire al buco dell’ozono. E’ uno sfigato, un soggetto triste e “fallito”, non scopa (e dire che ha pure la fidanzata carina, l’unico essere umano “normale” di tutto il film), il che, in un paese che ha inventato il gallismo nel mondo, è il massimo della sfiga metafisica suprema.
E’ lui l’italiano medio? No, è troppo specialistico, troppo minoritario.
Poi arriva un compagno delle elementari, che è diventato una specie di Testimone di Geova (estremizzato al massimo, come tutti i personaggi del film), che gli offre una pillola in grado di ridurre l’attività cerebrale al 2% (pillola che in realtà non esisterebbe, ma anche sì, oppure no, in una sorta di ingarbugliamento onirico della sceneggiatura). E avviene la svolta, finalmente. Prendono il sopravvento gli istinti, mangiare, ruttare, scopare a pacchi, overdosi di televisione, disprezzo per le regole, per l’ambiente, amechecazzomenefregammé, culi, tette, SUV Hummer, musica a manetta. Insomma, è qui la festa!
Dunque è lui l’italiano medio?
Di sicuro il film rappresenta – non sappiamo quanto voluto, quanto in effetti premeditato – una satira greve dell’ecologista integerrimo, uno di quelli, per capirci, che mette nella spazzatura differenziata anche il quadratino di carta attaccato al cordone della bustina di tè e si cura con l’omeopatia. E’ un tipo triste, perdente, uno che quando passa ci si tocca le palle per scaramanzia. Metà film è uno sbertucciamento crudele di questo soggetto.
Mentre quando esplode il secondo ci si diverte un sacco, si ride forte, e a lui, alle sue scorregge ciclopiche, alle sue orge, va tutta la nostra simpatia e il nostro entusiasmo. Infatti, checazzomenefregammé se è politicamente scorretto, se ce la spassiamo? Non c’è vera satira nei suoi confronti, solo rappresentazione secondo i dettami della comicità che da sempre il nostro paese apprezza particolarmente: intensa fisicità, smorfie, versi (basta pensare a Franco e Ciccio), bisogni corporali; insomma, qualcosa di infantile, gli strabuzzi e le pernacchie che fanno ridere i bambini.

Il film prosegue a ritmi alterni per gag, inserti teatrali grotteschi, personaggi triviali, seguendo una traccia di storia che riguarda lo smantellamento di un parco in “Via del cemento” per la costruzione di un condominio per ricconi, coi due personaggi che si scambiano di posto e anche di fotografia (grigia e squallida quella ecologista, sgargiante e calda quella orgiastica), l’inserto di un programma televisivo ultra-splatter chiamato Mastervip, parodie di icone viventi (il calciatore Del Pirlo, il famoso giornalista Roberto Salviamolo che arriva con le guardie del corpo che spazzano i pavimenti dove cammina), verso un finale che un po’ deve aver fatto tremare i polsi agli autori. E adesso come concludiamo? si devono essere chiesti. Arrivati a questo punto, come si può risolvere? Beh, c’è sempre la soluzione frullatore. Prendiamo tutti gli elementi, accendiamo le lame rotanti e riduciamo tutto in pappa. Così diventa una sommatoria, dove nulla viene evidenziato, nulla viene selezionato. Una sostanza senza colore e dal sapore indistinto. E allora non sarà proprio questo frullato l’italiano medio? Colui che ha capito, che considera uguale mangiare vegano e “il porco fritto”?

Italiano Medio non si può definire un film brutto, né bello. Sono categorie obsolete. Se cerchiamo le risate, le troviamo. Molte gag spaccano. E non è poco. Non si (s)qualifica come “pecoreccio” ma se ci aspettiamo dei messaggi più o meno subliminali, non li troveremo, perché si contraddice, si nega e poi si riafferma: apparentemente ecologista, dell’ecologia non sembra importargli granché; rappresenta tutta la volgarità e l’opportunismo dell’italiano medio, ma poi chi se ne frega della volgarità se ci si diverte e si fa festa. Qualcuno ha scritto che è un film senza coraggio, invece è il contrario, perché non è facile avventurarsi in un simile intrico di personaggi estremi, cartoni animati viventi, cercando al contempo di tenere le fila di una storia. E una logica. Un’epica, addirittura.

Semmai è mancato lo sforzo per organizzare il guazzabuglio secondo un progetto più equilibrato, per ottenere, nonostante tutto, il riscatto dell’arte. Per questi stili, un modello cui fare riferimento è il paradossale, ma rigoroso, Borat.

Perché Italiano Medio dovrebbe essere un film sull’italiano medio.
Invece finisce per diventare lui stesso la materia prima che dovrebbe lavorare e trasformare.
Italiano Medio E’ l’italiano medio.

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