di Danilo Arona

AltieriLui si chiama Sergio Altieri. Alan D. lo conoscete già, magari da oggi lo conoscerete un po’ meglio. O magari no. In ogni caso, da sempre e ovunque – nel passato, nel presente o nel futuro che è già oggi –, Sergio ci racconta della Fine. La Fine di un’epoca. Una narrativa che si situa al capolinea di un ideale elenco: Epopea di Gilgamesh, Mahabarata, La maschera della morte rossa di Poe, La peste scarlatta di London, La nube purpurea di Shiel, The Stand e The Dome di King, The Road di Cormack McCarthy. Per usare parole sue, il vero storico sa che la vicenda dell’uomo non è altro che una continua progressione ad archi: “l’impero egizio, l’espansione greca, l’impero romano, l’impero cinese, il sacro romano impero, gli imperi coloniali hanno visto tutti crescita, vertice e successiva disgregazione. È la natura delle cose. La natura della vita stessa. Oggi ci troviamo di fronte a una svolta. Mai come nella nostra epoca nel sistema chiamato Terra hanno camminato così tante persone, hanno viaggiato così tante auto, hanno volato così tanti aerei. Mai sono state presenti. Mega-città, mega-industria, mega-popolazione, mega-scorie. Mega-armi: tutto «mega». Questo quadro è una violazione della Dinamica dei Sistemi, un oltraggio alle nostre stesse leggi fisiche.” La logica del Mega genera l’azzeramento. Le Zone Zero, prima a macchie di leopardo sulla pelle del pianeta; quindi tutto il pianeta che diventa una tombale, definitiva Zona Zero, the Killzone, Il concetto di “Zona Zero”, racconto conclusivo dell’antologia Killzone, è altrettanto semplice quanto efficace: sta là dove l’Uomo incontra la sua Nemesi e paga l’ultimo pedaggio. Dove il rimorso si materializza, alla lettera. A onore della logica del Mega, “il Mega-Spettro”.

Domanda: Anni fa, intervistando Philip Ridley, è uscita la definizione “orologiaio dell’Apocalisse”. Ridley, noto anche come autore di racconti per bambini, è scrittore lontanissimo dal tuo mondo narrativo. Eppure, quando l’ho sentita, mi sei venuto in mente tu… E tanti altri “orologiai” quanto mai distanti e reciprocamente diversi. Penso al McCarthy de La strada, al Thomas Glavinic de Le invenzioni della notte, allo stesso Ballard, il Tullio Avoledo de La ragazza di Vajont, persino il Sandro Veronesi di XY. E ancora Saramago, Scurati, Binaghi. Tanti esempi che che mi vengono alla mente. E’ come se una cifra tematica, per inciso la “tua” peculiare da trent’anni abbondanti, stia velocemente contagiando non solo i generi, ma tanto mainstream. Che sta succedendo? E’ un fenomeno solo letterario oppure…

Risposta: Secondo me il concetto di Apocalypse Clock – più che Orologiaio, Orologio dell’Apocalisse – di cui parla Ridley, è a mio parere uno dei concetti più ancestrali. La natura umana, ma soprattutto la paura umana, va inevitabilmente alla ricerca della risposta terminale: quanto tempo mi resta? Dal conto alla rovescia individuale, al conto alla rovescia globale, il passo è puramente numerico: quanto tempo CI resta? Attraverso le epoche, l’opera scritta dell’uomo è piena di orologi, e quindi di orologiai, dell’Apocalisse. Dal De rerum natura di Tito Lucrezio Caro con la sua epica descrizione della peste in Atene del 430 a. C. alla Morte Nera del ‘300 nel Decameron di Boccaccio, fino a Dissipatio HG del grandioso Guido Morselli e a I am Legend del maestro Richard Matheson. In sostanza, sono esistiti e tuttora esistono autori affascinati dal concetto non tanto della fine cosmica, quanto della fine di un ciclo dell’uomo. La storia stessa ci dice che l’uomo ha già visto la fine di molti cicli. In questa direzione, se osserviamo il lavoro di Cormac McCarthy in The Road, a dispetto dello scenario da incubo assoluto, il finale concede almeno l’ipotesi di uno spiraglio verso il futuro. Nel testo di Glavinic – quanto mai ipnotico nella sua solipsistica semplicità – l’intera narrazione rimane costantemente in bilico tra surreale, iper-reale e onirico. Nel senso: è davvero vuoto, il mondo, o sono io a sognarlo vuoto? Allargando il campo dalla letteratura alla società, nell’immaginario collettivo di è fetta strada l’idea di un nuovo “Apocalypse Clock”. Oltrepassato il 2012 senza danni, stiamo assistendo al progredire di una degenerazione sistemica e tutte le ipotesi sono aperte: dall’incombere della “Settima Estinzione” allo scontro fra civiltà. Vedremo. La mia personale prospettiva? Facendo inevitabilmente riferimento al mio background tecnico – tra sette miliardi di esseri umani sul pianeta e l’agonia delle foreste pluviali, tra la scomparsa dei ghiacciai e il dilagare del petrolio negli oceani, tra il problema dei rifiuti urbani e quello delle scorie radioattive, tra la desertificazione delle fasce tropicali e il raddoppio ogni dieci anni del fabbisogno planetario di potenza elettrica -, beh, forse non è del tutto impossibile che la Dinamica dei Sistemi stia per richiamarci all’ordine. In modo gelidamente sgradevole.

Domanda: La tua narrativa da un po’ di tempo non “abita” più da nessuna parte. Ogni definizione, che per sua natura “ingabbia”, se riferita a te non ha molto senso. Però per paradosso ogni definizione ti calza a pennello. Secondo me tu sei la punta più avanzata della dissoluzione dei generi… Ti ci ritrovi?

Risposta: “Dissoluzione dei generi” è ben più di una valida provocazione, ma non sono sicuro né che questa dissoluzione esista né tanto meno di esserne la punta avanzata. Non mi sento a mio agio con le etichette. Incollarle è sempre rischioso, anche se spesso è inevitabile farlo per avere quanto meno un’idea di che cosa si sta parlando. Nel senso di mystery, thriller, noir, dramma, SF, fantasy, commedia, etc. Riguardo al mio lavoro di scrittore, se proprio vogliamo metterle, delle etichette, direi “narrativa d’intrigo” e “narrativa dell’inquietudine”. Magari anche “inquietudine estrema”.

Domanda: Chi è oggi uno scrittore “eretico”? Come si configura l’autentica eresia sulla pagina scritta?

Risposta: Ritengo che la discriminante sia la problematica affrontata sulla pagina. Nel suo prodigioso, e a tutt’oggi prodigiosamente profetico, The Scarlet Plague (La peste scarlatta), ambientato, guarda te, nel 2013, Jack London annienta in un’apocalittica pandemia un mondo dominato da un “consiglio degli industriali”. Sbaglio o suona un po’ come “globalizzazione”? Ancora una volta, London si rivela sia un eretico che un precursore. Lo stesso vale per George Orwell nei confronti della politica totalitaria nel suo capolavoro, l’immortale 1984. E vale parimenti per Aldous Huxley con i due grandiosi romanzi del Brave New World, in cui Huxley, preconizzando la clonazione, demolisce non solo biochimica e bioetica, ma l’intero spettro emotivo ed etico dell’umano. In breve, suggerirei che uno scrittore eretico prende un mondo (solo in apparenza) perfetto e ne esegue una “radiografia all’inferno”.

Domanda: Non solo scrivi, ma hai curato per molto tempo il settore Mass Market di Mondadori e hai – credo consapevolmente – creato una “scuderia” di scrittori e scrittrici che, come te, rifuggono dalle etichette “facili” e contribuiscono a spostare verso il Punto Zero l’orologio dell’Apocalisse. E’ come se fossi il capofila di una schiera di artisti non accomodanti ai quali non interessa tanto andare in classifica quanto tentare di salvare più gente possibile con la letteratura di qualità… E’ così? E’ una responsabilità o un folle divertimento? Ti senti guru o soltanto un solidissimo professionista a 360°?

Risposta: Non mi sento a mio agio nemmeno con le etichette di natura personale. “Creatore” e/o “guru” non sono termini con i quali vado d’accordo. In qualità di trascorso editor di Mondadori Mass Market, ritengo che gli autori di cui parli erano e sono già là fuori, alcuni ampiamente pubblicati, altri in attesa di una strada per diffondere il loro lavoro. È per me un onore avere presentato loro quella strada, ma sono ragionevolmente certo che l’avrebbero trovata comunque. No, non si tratta di “salvare quanta più gente possibile”: la “gente”, chiunque essa sia, farà bene a salvarsi da sola. Si tratta solo di compiere il proprio lavoro quanto più professionalmente ed eticamente possibile.

Domanda: Cosa è l’Italian Legion? Chi sono i Legionari?

Risposta: L’Italian Legion era ed è tuttora la colonna vertebrale di Mondadori Segretissimo. Si tratta di una squadra di eccellenti autori italiani – specializzati in intrigo spionistico e action-adventure (ecco le inevitabili etichette) che per oltre dieci hanno lavorato sotto pseudonimi stranieri. Perché questo? Provincialismo culturale. Se lo scontro CIA/KGB lo descrive Malcolm Wilson (nome inventato) va bene. Se invece lo descrive Mario Rossi (nome cliché) non va bene. Uno degli aspetti più ironici è che, nel corso degli ultimi vent’anni, sostanzialmente dalla fine dell’Unione Sovietica, la narrativa spionistica anglo-sassone è entrata in una spirale di inesorabile declino. Infatti: they can’t do it anymore, non sono più capaci di farlo. Per contro, NOI, noi autori italiani, intendo, siamo ancora capacissimi di farlo. Di più, siamo gli unici autori sulla scena della narrativa occidentale in grado di adattarsi e di re-inventarsi a ogni nuovo giro di boa geo-politico. Mi riferisco in particolare al 9/11 e al disastro multiplo delle guerre americane e occidentali nel Medio Oriente. Fino a qualche anno fa, gli autori della Italian Legion rimanevano trincerati dietro i loro pseudonimi. Oggi sono tutti allo scoperto. I nomi dei legionari, quindi? No problem: Stefano Di Marino/Stephen Gunn, e lui si’ che e’ un vero guru!, con la serie “Il Professionista”; Andrea Carlo Cappi/Francois Torrent, con la serie Nightshade; Gianfranco Nerozzi/Jo Lancaster Reno, con la Serie “Hydra Crisis”; Massimo Mazzoni/Frank Ross, con la serie “Quantum Agency” Giancarlo Narciso/Jack Morisco, con la serie “Banshee”. Squadra super-rinforzata da altri eccellenti autori che hanno conservato i loro nomi italiani: Claudia Salvatori con la serie “Walkiria Nera”; Secondo Signoroni con la serie “Dario Costa”; Arona /Rosati con La croce sulle labbra e Finis Terrae. Infine, ipotizzo di dover menzionare anche lo scrivente, con la serie “Sniper”, tre romanzi, più le antologie personali uscite per TEA.

Domanda: Esiste una differenza qualitativa tra il pubblico da edicola e quello da libreria?

Risposta: Senz’altro. Nel senso di rapporto con il libro: per definizione, il libro da edicola è “usa & getta”. Lo compri alla stazione di Piacenza, lo leggi tra un ritardo e un deragliamento, lo getti alla stazione di Forlì. In realtà non è esattamente cosi’. Ci sono veri e proprio cultori del libro da edicola, estimatori, collezionisti, entusiasti. Per noi dal lato editoriale, questi lettori sono un grande “asset”, sono i lettori più assidui e più affezionati. Coloro i quali privilegiano “la testata”. Nel senso che comprano “Il Giallo Mondadori” proprio perché è “Il Giallo Mondadori”. Direi invece che il lettore da libreria compia scelte più mirate: la focale è più sull’autore, sulla tematica e sulla casa editrice. L’altro spartiacque è il prezzo di copertina. I libri Mondadori Edicola si aggirano sui 5 euro. Quelli da libreria possono arrivare fino a 25 euro e ben oltre, se si tratta di testi ad alta specializzazione. In ogni caso, la direttiva primaria rimane leggere-leggere-leggere. Chiunque legga libri ha il mio voto incondizionato, sempre dovunque e comunque.

Domanda: Qual è il lavoro di Alan D. preferito da Sergio?

Risposta: Il testo al quale mi sento più legato è Magdeburg: Il Demone. Completamento della più grossa sfida narrativa che abbia mai intrapreso – il trittico di Magdeburg, appunto – e libro nel quale ho osato di più in assoluto, sia dal punto vista tematico che da quello stilistico. Ne Il Demone credo di avere violato pressoché ogni singola regola: dalla mescolanza addirittura nello stesso periodo di frasi al tempo passato remoto e al tempo indicativo presente, all’uso della poetica religiosa nelle descrizioni stesse delle battaglie, alla mis en scene di un mondo sul baratro. Per contro, Kondor rimane per me un libro di grande importanza, se mi passi il termine, emotiva. Scrissi Kondor nell’estate/autunno 1996, breve arco di quiete tra due cruciali riti di passaggio sul piano personale. Singolare che in quella “quiete” io abbia finito con il rappresentare quella che, a tutti gli effetti, potrebbe essere la III Guerra Mondiale.

Domanda: Ho sostenuto in tempi non sospetti che in te giace, repressa, un’insopprimibile vena gotica e supernatural. Molti attendono da anni un tuo lavoro che disegni i confini dell’horror secondo Altieri.

Risposta: D’accordo, giusto per non farci mancare nulla e chiudere in… pure horror. Raymond Chandler e Dashiell Hammett sono i miei vati/ profeti per l’hard-boiled/hard-action. In parallelo, Edgar Allan Poe e Howard Phillips Lovecraft rimangono i miei mentori/maestri per il supernatural/horror. Ecco di nuovo le maledette etichette… Okay, andiamo avanti comunque. Hai ragione in pieno. Sono guilty as charged: HO una insopprimibile vena gotica. Appare fin da Città oscura, il mio primissimo libro: quella Los Angeles è il Quinto Cerchio. La vena si sviluppa poi attraverso Kondor: quel Medio Oriente è il Settimo Cerchio. Per diventare addirittura dominante in Magdeburg: Il Demone: quella Germania del 1630 è il Nono Cerchio. Ciò premesso, sono di nuovo guilty as charged: HO un insopprimibile progetto horror da tempo in preparazione. Destinazione finale: il fondo stesso dell’inferno. Ma questa è veramente un’altra storia.