di Luca Cangianti

Carlo Formenti, Magia bianca, magia nera, Jaka Book, 2014, pp. 116, € 12,00

2014 01 03 formenti magia bianca magia nera “Agli occhi degli europei può sembrare un paradiso, se confrontato allo smantellamento del welfare in atto nel Vecchio Continente”. L’affermazione di Alberto Acosta, presidente dell’assemblea costituente ecuadoriana, riguarda l’attuale governo del paese andino ed è contenuta nel reportage storico-giornalistico di Carlo Formenti, Magia bianca, magia nera. Da quando è stato avviato il processo politico della Revolución ciudadana, capeggiata dall’attuale presidente della repubblica Rafael Correa, l’Ecuador è stato investito da un consistente sviluppo economico che ha migliorato le condizioni di vita degli strati popolari. Acosta precisa tuttavia: “Qui non c’è stata nessuna rivoluzione, né, tantomeno, si sta costruendo qualcosa che possa essere definito socialismo del XXI secolo; nella migliore delle ipotesi, lo possiamo definire un regime post neoliberale, certamente non post capitalista.”

Il libro di Formenti fornisce alcuni spunti informativi e di riflessione, utili a chi voglia approfondire gli esperimenti politici bolivariani in corso in vari paesi dell’America Latina. Nella prima parte del libro sono riassunti i principali avvenimenti della storia ecuadoriana dagli anni ’90 fino a oggi, passando per gli eventi insurrezionali del 2005 e l’approvazione della nuova costituzione progressista ed ecologista di Montecristi. La seconda parte si basa sullo studio di documenti, sull’analisi della stampa locale, ma soprattutto su una serie di interviste in profondità che ci restituiscono il ventaglio delle principali posizioni presenti nel dibattito locale. Nella terza parte, infine, si cerca di tirare le fila anche da un punto di vista teorico, affrontando molti interrogativi stimolanti, ma di non facile risoluzione.

Il governo di Rafael Correa pur dichiarandosi progressista, è fortemente contestato dalla sinistra e dal movimento indigeno. L’accusa è di non aver realizzato la riforma agraria e di tradire il dettato costituzionale riguardante il diritto all’autogestione delle comunità indigene. Le terre amazzoniche sarebbero infatti sottoposte a uno sfruttamento delle risorse naturali disastroso per la vita e la salute delle comunità, e funzionale solo al processo di modernizzazione capitalistica.
Le forze governative rispondono che dividere la terra in molti appezzamenti impedirebbe lo sviluppo di un’agricoltura moderna e utilizzano la metafora del mendicante che seduto pigramente su un sacco d’oro non utilizza le proprie risorse per emanciparsi dalla povertà. Questa sarebbe la condizione dell’Ecuador se rifiutasse di porre mano alle sue ricchezze naturali dando ragione agli egoismi delle popolazioni amazzoniche e al loro ecologismo “infantile”. Infatti, secondo il paradigma sviluppista sostenuto dal governo in carica, il cambiamento sociale e la ridistribuzione economica sono possibili solo in presenza di un processo di crescita industriale finanziata dalle risorse naturali presenti nel paese.

Nonostante le molte critiche riguardanti la criminalizzazione delle lotte sociali (cfr. Carmilla del 16.9.2014) Correa detiene ancora un largo appoggio popolare, manifestatosi nelle elezioni presidenziali del febbraio 2013 nelle quali è stato rieletto con oltre il 57% dei voti. Di contro, le forze indigeniste e di sinistra (contando sia la lista dell’Unidad plurinacional de las Isquierdas che quella del movimento Ruptura 25) hanno ottenuto un disastroso 4,6%, anche se a livello locale continuano ad avere consensi più consistenti. D’altra parte il sostegno al governo ha cominciato a scricchiolare nelle elezioni locali dello scorso febbraio: Alianza País, il partito di governo, ha perso infatti Quito, Guayaquil e Cuenca, le città più grandi del paese.
Secondo Formenti alla base dell’arretramento delle forze che si oppongono allo sviluppismo ci sono errori politici passati come l’appoggio del partito indigenista Pachakutik al colpo di stato che nel 2003 portò alla presidenza del colonnello Lucio Gutiérrez. Questo, infatti, nonostante i proclami populisti della prima ora, si rivelò un mero continuatore delle stesse politiche neoliberiste che avevano condotto il paese al collasso economico. Tale sostegno politico ha indebolito l’influenza sulla società ecuadoriana che il movimento indigeno aveva costruito negli anni ’90 attraverso un lungo percorso di lotte.

Lo scorso 17 settembre si è svolta un’importante manifestazione nazionale, organizzata dalle forze sindacali, indigene e studentesche dell’opposizione di sinistra, che si è conclusa con scontri, cariche della polizia, arresti e una scia di violente accuse tra governo e movimenti sociali. Tale radicalizzazione del conflitto rende di grande attualità gli interrogativi affrontati nella terza parte del libro di Formenti: in che senso il movimento indigeno può incarnare i valori egualitari della costituzione di Montecristi, trascendendo la propria specificità etnica? Il buen vivir delle popolazioni precolombiane, contenuto nello stesso dettato costituzionale, è un ingenuo tentativo di preservare una sorta di comunismo primitivo, agreste e forse anche reazionario? O può costituire un’alternativa alle inevitabili distruzioni umane, sociali ed ecologiche che comporta lo sfruttamento delle risorse naturali dell’Amazzonia?
Magia bianca, magia nera offre alcuni spunti di riflessione riferendosi a una lettura eterodossa del pensiero marxiano sull’accumulazione originaria, intesa in senso ricorsivo, e al tema delle comunità agricole tradizionali nella Russia zarista. A tal proposito, come afferma Ettore Cinnella nel saggio L’altro Marx (cfr. Carmilla del 3.9.2014), “Roso dall’atroce sospetto che il capitalismo, là dove era più avanzato, non generasse spontaneamente il suo becchino (così come aveva fino allora creduto), Marx andava in cerca di nuove vie rivoluzionarie”. Confrontandosi con alcuni intellettuali russi, il filosofo ipotizzò così che un modo di produzione comunitario ancora non sussunto al capitalismo potesse fungere da base per il superamento di quest’ultimo. Una possibilità da non escludere è quindi che in Ecuador il processo di mutamento sociale riprenda ad avanzare proprio con questo tipo di dinamiche. Si tratterebbe della vittoria della magia bianca precolombiana, contro la magia nera dello sviluppismo occidentale.