di Cassandra Velicogna

Più libri più liberiAl Pisa book Festival quest’anno si respirava aria di novità: il programma di eventi fitto di nomi importanti (Björn Larsson, Marco Malvaldi, Dacia Maraini etc) ha realizzato la metamorfosi da manifestazione fortemente radicata nel locale degli anni passati a fiera “medaglia di bronzo” per l’editoria italiana.
Se il Salone di Torino rimane un must, anche se sofferente per la crisi macroscopica del settore, sono svariati anni che la Fiera nazionale della piccola e media editoria di Roma si attesta al secondo posto per importanza e numero di visitatori. La tredicesima edizione, conclusasi l’8 dicembre 2014 ha totalizzato 56.000 visitatori, 400 editori e più di 300 eventi in programma, numeri in crescita rispetto all’edizione precedente, complice anche il giorno in più rispetto alle passate edizioni.
Il convitato di pietra delle ultime edizioni è la crisi, che influisce nel doppio aspetto di condizione nazionale dell’economia e di problematica legata alla vendita di libri, premessa da non trascurare in tempo di bilanci. Eppure la fiera di Roma resta orgogliosamente in testa per quel che riguarda il fattore passione dietro e davanti i banchi degli espositori. Sposo l’analisi di Lidia Ravera, che ha suggellato la giornata di apertura della Fiera: “Qui più che altrove si respira passione: è quella per cui vivono i piccoli editori, spesso la loro unica ricompensa. Ma alla fine la verità è che dei libri non abbiamo solo bisogno: i libri li desideriamo”.
Chiariamoci: la passione non è l’unica molla per chi calca da professionista il “palcoscenico” del Palacongressi Eur in quei giorni, ma senza di essa non si spiegherebbe la sopravvivenza della piccola e media editoria italiana. A differenza di Fruit exibition, che si è chiusa il 14 dicembre a Bologna, sedicente fiera dell’editoria indipendente a Roma ci sono ancora delle specie in via di estinzione come redattori, editori, promotori e editori professionisti. A questa tipologia di partecipanti, a cui vanno aggiunti i lettori forti che calcano il Palacongressi alla ricerca di sconti e specialità editoriali, non manca la materia prima: i libri, veri protagonisti della quasi settimana romana dell’editoria indipendente.
Uno tra tutti il premiatissimo Dimentica il mio nome (Bao, Milano 2014) l’ultimo best seller di Zerocalcare che si aggiudica anche il premio di “libro dell’anno” di Fahrenheit, consegnato in diretta dal palco della trasmissione presente ogni anno agli eventi di Torino, Mantova (Festivaletteratura) e Roma. Quest’ultimo romanzo a fumetti del compagno di Rebibbia si contraddistingue dalla precedente produzione per qualità letteraria. Narra la misteriosa storia della famiglia del protagonista e in particolare della madre e della nonna.
L’editore di Michele ZC, Bao, è la vera novità editoriale degli ultimi anni. A Roma raddoppia il suo spazio a simbolo della crescita esponenziale di fatturato. Tra le pubblicazioni dell’abile editore di fumetti spiccano nomi importanti come Dylan Dog e la fortunata serie fantascientifica Orfani, ma già dagli albori Bao aveva segnato il passo riproponendo Bone di Jeff Smith.
Si respira un’aria elettrizzante dalle parti dello stand Bao e di grande confusione annessa alla presenza dell’autore di punta, vero maratoneta dei disegnetti dedicati sui propri albi.
OsornoAltro libro degno di nota anche per l’evento di presentazione è Un cowboy attraversa la frontiera in silenzio di Diego Enrique Osorno (la Nuova Frontiera), la storia di un ranchero sordomuto che va a cercar fortuna negli Stati Uniti per poi ritornare in Messico. Una riflessione sulla metamorfosi del paese da stato della fame a stato della mafia legata ai cartelli e sulla difficoltà di testimoniare la realtà: la mortalità dei giornalisti “liberi” in Messico è altissima. Per questo l’evento con Piero Melati e Attilio Bolzoni, si trasforma in un pretesto (neanche troppo pretestuoso) per parlare di giornalismo d’inchiesta. La presentazione si sviluppa in un interessentissimo paragone tra i cronisti italiani che nel 91-93 ebbero il compito di raccontare il periodo stragista di Cosa Nostra a Palermo e i coraggiosi periodistas messicani che affrontano una realtà devastata dalla corruzione e dallo strapotere delle narcomafie. L’autore, Diego Osorno, ricorda la freschissima strage di studenti del Guerrero, forse non dovrebbe stupire, ma alla Fiera del Libro di Roma c’è spazio anche per eventi che parlino di temi così importanti e che spesso i giornali disertano.
Ultimo ma non meno importante da segnalare l’operazione della combattiva Redstarpress: la pubblicazione, semplice e geniale di un libricino di cui tutti hanno sentito parlare e che spesso citano più o meno a proposito, Il Manifesto del Partito comunista di Karl Marx (Redstarpress 2014) correlato di tutte le prefazioni storiche e di una bella postfazione a firma del collettivo Militant.
Lungi dall’impegolarmi in una critica al personaggio più influente degli ultimi due secoli (Karl Marx) mi limito a invitare tutti a leggere il suo Manifesto, magari nella nuova edizione.
La postfazione mi sembra piuttosto equilibrata e capace di rendere da un lato la somma importanza del libello oggi, dall’altro di tracciare un parallelo con l’attualità.
I Militant ci ricordano che non esiste una sostanziale differenza tra il lavoro salariato di metà Ottocento e quello di oggi: le forme della precarietà sono connaturate alla classe proletaria e forse l’operaio massa è stato una parentesi della struttura industriale della società.Quindi non è sufficiente per mettere in soffitta il Marx la scusa “oggi però siamo precari”.
Allora come ora, importantissima distinzione, è ripetere allo sfinimento che operai e imprenditori non sono dalla stessa parte della barricata, crisi o non crisi e forse è questo l’originale, infinitamente attuale e dirimente messaggio di questo imprescindibile volume.
Inoltre, superata la fase dei Social Forum e dei rivoli infiniti delle forme di protesta bisogna rileggere le parti del Manifesto in cui insegna che sarà una soggettività unitaria a vincere sulla controparte, magari questa forma aggregatoria non si chiamerà più Partito, ma assolverà al compito di questo oggetto (soggetto) marxiano.
Unica differenza “tra il compagno Marx e noi”: il positivismo del filosofo di Treviri è oggi irricevibile. Se il capitalismo, oggi idra a nove teste che soffre e si difende fagocitando il suo stesso combustibile (i lavoratori), deve cadere, non lo farà per implosione sulle proprie stesse contraddizioni: se la classe proletaria è forse destinata a trionfare bisogna che si rimbocchi seriamente le maniche.

PiccolaEditoria2-Manifesto
Lecite le critiche che si possono portare alle Fiere del libro italiane, i mugugni, la crisi, le pessime e inaccettabili condizioni dei lavoratori dell’editoria (ma qui andrebbe una lunga riflessione a sé stante) tutto questo ha ancora un senso. Per i piccoli e medi editori, indipendenti da grossi gruppi, il bagno di folla di Roma o Pisa è un toccasana per farsi conoscere e per far conoscere libri che non sempre si trovano in tutte le librerie a causa dell’aberrante meccanismo della promozione/distribuzione. Insomma penso che criticare l’editoria indipendente oggi sia uno sforzo un po’sadico, come bastonare un cane che annega.