di Anna Luisa Santinelliil-duce-e-le-donne

Il duce e le donne. Avventure e passioni extraconiugali di Mussolini (Mondadori, Milano, pp. 260, € 20,00) è il titolo del nuovo saggio di Mimmo Franzinelli con cui l’autore, storico del fascismo, integra le precedenti indagini su Mussolini arricchendole di un tassello aggiuntivo, ossia l’analisi delle relazioni sentimentali, complesse e asimmetriche, intrattenute dal dittatore. Avvalendosi di testimonianze d’archivio talora anche inedite, Franzinelli tratteggia un profilo psicologico del duce contrassegnato da un esplicito egotismo, cifra di un paesaggio interiore che si realizza in una sessualità rapace e dispotica. Nel libro la narrazione procede grazie al costante intreccio tra dimensione pubblica e sfera personale, un continuum che si rivela, ad esempio, nell’uso privatistico delle forze dell’ordine: dalle fonti (rapporti informativi e dossier riservati) emerge l’illecito uso da parte del duce dell’apparato di sicurezza dello Stato, un impiego metodico finalizzato al controllo sotterraneo delle numerose amanti.
Senza indulgere a suggestioni d’impronta scandalistica, l’autore cala i documenti (rapporti di polizia, epistole, diari…) nella cornice temporale dell’epoca, restituendo lo squallore entro cui si consumano gli episodi intimi della vita del duce, come la drammatica storia della minorenne Bianca Ceccato, segretaria di Mussolini, costretta a concedersi e ad abortire sotto la coercitiva minaccia del licenziamento. Tra attitudini ricattatorie, vite occultate di figli illegittimi e fascinazioni per “il corpo del Capo”, il saggio lascia intravedere anche lo spaccato di una società italiana abitata da un maschilismo radicato e diffuso, un sessismo consolidato che, tuttavia, non assolve il protagonista politico del Ventennio dalle proprie colpe.

1) Il titolo del saggio potrebbe essere frainteso e recepito, da chi si accinge alla lettura,  in chiave superficiale e frivola. Partiamo, quindi, dall’intestazione in copertina, Il duce e le donne: come deve essere interpretata? Quali sono gli argomenti affrontati e, invertendo i termini della questione, cosa invece non compare in questo libro?

Non compare quella forma di gossip oggi tanto in auge: non si tratta di un libro scritto dall’angolatura del buco della serratura, ma di un’indagine sul modo in cui Benito Mussolini si rapportava con le donne. La scoperta di nuove fonti (di polizia, diaristiche, epistolari…) e il loro intreccio ci fa comprendere come Mussolini utilizzasse con le donne (e ai loro danni) tecniche di potere già sperimentate su più ampia scala per soggiogare gli italiani. Il corpo femminile costituiva per Benito un oggetto di conquista, lo sfogo della sua sessualità lo gratificava ai più diversi livelli e ne rafforzava l’autostima. Una visione squisitamente maschilista, che ravvisava nella femmina un oggetto di trastullo, un momento di svago, il riposo del guerriero, lo sfogo delle pulsioni sessuali. La donna restava insomma un essere inferiore, inadatto alla politica. Vi è poi da considerare – sullo sfondo – la questione demografica, le campagne per la natalità, la difesa della “purezza della razza”, la costruzione di una nazione forte, con milioni di giovani da scagliare in guerra…

2) Perché il profilo psicologico del dittatore desunto da relazioni intime interessa e stimola la ricerca storiografica?

Perché la psicologia del dittatore, desumibile anche da comportamenti privati, è collegata con le modalità della sua azione pubblica. E, credo, anche per verificare come nel lungo periodo il potere abbia mutato convinzioni, comportamenti e obbiettivi di Mussolini.

3) Il primo capitolo del volume indaga la dolorosa vicenda di Ida Dalser, unica tra le molteplici amanti a opporsi con risolutezza al futuro dittatore. Come mai Mussolini, non ancora al potere, possiede già un peso politico tale da scatenarle contro l’apparato repressivo dello Stato?

Ida Dalser, istintivamente, provò ad attraversargli la strada, rivendicando i propri diritti di donna che lo aveva aiutato e mantenuto in un periodo difficile della sua esistenza (1914), dandogli un figlio. Un atteggiamento imprudente, pagato con la segregazione in manicomio, per la madre e per il frutto di quella relazione, Benito junior. Con lei, per la prima volta, Mussolini ricorre al potere dello Stato, invocando da prefetto e questore di Milano provvedimenti contro la “persecuzione” di cui si sentiva vittima. Questo atteggiamento denota il nuovo rapporto stretto con il potere, ovvero il passaggio dal sovversivismo alla scelta d’ordine. Le sue richieste – per quanto di carattere privato – vengono esaudite, perché Mussolini – direttore del “Popolo d’Italia” – è apprezzato come valido alleato dal governo, in quanto efficace propagandista della guerra, e dunque gli si vuole spianare la strada.

4) «La pervasività della sorveglianza dimostra l’immedesimazione di Mussolini con lo Stato, attraverso l’utilizzo squisitamente privatistico della polizia per questioni di cuore…». Il passo (pag. 160) fa riferimento alla vigilanza assidua di Mussolini sulle amanti ed è un chiaro esempio in cui ambito privato e pubblico si sovrappongono. Tale commistione era episodica o ricorrente?

La commistione era assolutamente organica, continuativa, indissolubile. Mai il duce distingueva tra sé e lo Stato. Difatti, sviluppando questo discorso, trasformerà la fazione (il fascismo) nello Stato, e i suoi oppositori verranno definiti “antinazionali”, “rinnegati”, “asserviti allo straniero”. Chi, per evitare prigione o confino, riparerà all’estero, sarà chiamato dal duce “fuoruscito”, per negargli la dignità di esule. Ebbene, questo fenomeno inizia proprio a livello personale, con l’abbattimento di ogni barriera tra le vicende private del signor Benito Mussolini e gli affari di Stato.

5) Tra le figure femminili elencate nel libro compaiono anche donne che agiscono con  scaltrezza avvantaggiandosi della prossimità con il leader. Penso, ad esempio, alla scalata sociale della squadrista Giulia Mattavelli. Nell’indagare le relazioni asimmetriche tra il dittatore e le amanti lei analizza anche la dimensione della ricattabilità. Come reagisce Mussolini a questa costante minaccia?

Il controllo totale sulla stampa, sulla radio e sull’opinione pubblica garantiscono al duce posizioni di forza rispetto a chiunque voglia tentare ricatti. Mettersi contro il dittatore, equivarrebbe – per una donna – a una sorta di suicidio: scomparirebbe nel nulla, al confino o nel fondo di una cella… D’altro canto, il rapporto con le amanti aveva sempre un sottofondo mercenario, nel senso che lui consegnava loro denaro in abbondanza. Comunque, appena un’amante (in carica o ex) tentava forzature, intervenivano misure repressive a ricondurla al senso della misura. Il caso di Giulia Mattavelli è emblematico: quando si allarga troppo, Mussolini minaccia di farla cacciare da Roma col foglio di via, come avveniva con prostitute e vagabondi: lei dapprima resiste, poi deve cedere.

6) Nel raccontare il rapporto di Mussolini con le donne, lei esplora di riflesso anche la società italiana del Ventennio. Nel suo libro il maschilismo del duce entra in risonanza con il radicato sessismo dell’epoca…

Effettivamente tra le due guerre la condizione femminile era doppiamente arretrata, poiché alla tradizionale influenza cattolica si aggiungeva il maschilismo fascista, di cui Mussolini era la personificazione. Gerarchi e gerarchetti prendevano a modello il duce, anche sul piano dei rapporti con le donne. La doppiezza con cui Mussolini forniva pubblicamente l’immagine del marito fedele, mentre indulgeva in privato a comportamenti da poligamo (egli gestiva contemporaneamente più rapporti) rappresenta la classica doppia morale, che ha fatto scuola e persino oggi – nonostante le notevoli novità intervenute (basti pensare al femminismo) – trova un certo seguito.