letteraria1.jpgdi Wu Ming 2
[In calce a questo articolo, curiosità e novità dal dibattito sul NIE.]

[Questo articolo è incluso nel primo numero — appena giunto in libreria – della rivista Letteraria, diretta da Stefano Tassinari e pubblicata da Editori Riuniti (nuova proprietà, nuova gestione, sito in allestimento). Clicca qui per leggere l’editoriale di Tassinari e l’indice del numero. Tra gli intervenuti: Carlo Lucarelli, Massimo Carlotto, Simona Vinci, Pino Cacucci, Grazia Verasani, Bruno Arpaia, Marco Baliani, Gianpiero Rigosi, Alberto Sebastiani, Alberto Bertoni, Maria Rosa Cutrufelli, Wu Ming 1, Wu Ming 2 etc. Fotografie di Mario Dondero. Buona lettura.]

All’uscita di New Italian Epic (Einaudi Stile Libero), Luca Mastrantonio lo ha definito “l’aggiornamento cartaceo di un libro telematico, che ha avuto un dibattito a monte e che quindi a valle potrebbe non produrre molto di più.” [1]. Confesso che anche noi, come autori, ci attendevamo un affievolirsi della discussione, profezia che invece non si è avverata. La riflessione cresce e si moltiplica, soprattutto in Rete e negli incontri pubblici. Così, mentre sui quotidiani tenevano banco interventi “da stadio”, con tanto di slogan e sfottò, sulla rivista on-line Carmilla [2] uscivano i contributi di Alberto Casadei, Stefano Jossa, Gaia De Pascale, Girolamo De Michele e Guido Chiesa; su Nazione Indiana, un post dedicato al libro “La stanza separata” di Cesare Garboli si trasformava in un gigantesco agone letterario, con oltre 500 commenti, e i pareri di Andrea Cortellessa, Tommaso Pincio, Emanuele Trevi, Dimitri Chimenti, Gianni Biondillo [3]. Con toni più pacati, un’intervista sul blog Letteratitudine di Massimo Maugeri, produceva un confronto altrettanto approfondito [4]. Infine, su Il Primo Amore, compariva un lungo testo di Tiziano Scarpa, intitolato L’epica popular, gli anni Novanta, la parresìa [5]. Inutile dire, con una simile tempesta di stimoli, che i download del famigerato “memorandum sul NIE” viaggiano ancora al ritmo di un centinaio al giorno.
Per chi non ha avuto e non avrà modo di sondare questa impressionante massa critica, vorrei provare a riassumere qui le principali opinioni e materie del contendere.

New Italian Epic è un nome di comodo, usato per indicare un insieme di libri, pubblicati in Italia a partire dal ’93, accomunati da una certa “aria di famiglia” e dal respiro ampio delle vicende. Molti hanno l’aspetto di romanzi storici, alcuni sono opere ibride tra narrativa e saggistica, altri vengono da un superamento di noir, giallo e altri generi popular. In estrema sintesi, la famiglia si distingue per sette caratteristiche: una tonalità emotiva appassionata ed empatica, un punto di vista obliquo sul mondo, l’uso di utensili e linguaggi che vengono dal romanzo di genere, la riflessione ucronica su ciò che sarebbe potuto accadere, una sperimentazione linguistica sottile, la forzatura della forma romanzo a favore di “oggetti narrativi non identificati”, una narrazione aperta, spesso proseguita con ogni medium necessario. [6]
Molte di queste opere raccontano – con allegorie diverse, sotto la crosta di trame diversissime – la difficoltà di ereditare il mondo, di esprimere, oltre la tragedia e il disastro, una soggettività diversa, che scompigli la situazione e tracci vie di fuga.

Le riflessioni sull’ipotesi del NIE partono spesso dalla N dell’acrostico, cioè la presunta discontinuità tra i libri descritti e quelli che li hanno preceduti. Un salto, è bene sottolinearlo, che non va interpretato in termini di merito: è chiaro che ci sono moltissime opere di qualità tanto alle spalle che al di fuori della nebulosa “epica”. Ed è altrettanto ovvio che nella storia della cultura nessuna cesura è netta, senza prodromi, anticipazioni, miraggi. Per questo motivo ritengo molto feconda la ricerca dei capostipiti del NIE, opere che precedono il formarsi della nebulosa, eppure già dicono molto su come sarà fatta. Tiziano Scarpa ha fatto due nomi: Insciallah di Oriana Fallaci e Petrolio di Pier Paolo Pasolini (pubblicato postumo nel ’92). Il secondo dei due, in effetti, ritorna come riferimento in moltissimi commenti.
Un discorso simile e parallelo si concentra invece sull’albero genealogico degli UNO, gli oggetti narrativi non-identificati. Alcuni, come progenitore, sono arrivati ad indicare addirittura Dante Alighieri. Tommaso Pincio sostiene che “la commistione di fiction e non-fiction, l’io narrante che coincide con l’autore e fa da guida in un inferno reale non è affatto new, rientra nel solco della tradizione italiana, è il nostro DNA narrativo. Dobbiamo chiederci perché la nostra letteratura ha prediletto un realismo di stampo individualista, dove è l’io dell’autore a raccontare e trasfigurare il reale.” Lo stesso Pincio risponde alla domanda individuando nella morale cattolica e nell’istituto della confessione le radici di “un concetto distorto e strumentale della verità, e dunque del racconto della realtà”. In altre parole, l’elemento di novità del NIE sarebbe da ricercare nell’aspetto romanzesco e fantastico di alcune opere, in quanto del tutto estraneo al codice genetico italiano.
Da questa osservazione riemerge, in altre forme, la tematica che più di ogni altra è stata al centro del dibattito, dopo la messa on-line della prima versione del memorandum: la questione del realismo. Come si è visto, nessuna tra le “somiglianze di famiglia” del NIE ha a che fare con la rappresentazione “oggettiva” del mondo. Molti, al contrario, hanno sostenuto che “il ritorno alla realtà” è la vera caratteristica unificante delle opere analizzate. L’edizione cartacea del saggio respinge già questa tesi, indicando nell’epica un lavoro eccentrico sulla connotazione del racconto e del linguaggio, in opposizione al realismo, che mira piuttosto alla denotazione.
Quanto agli oggetti narrativi non-identificati, è chiaro che ne sono sempre esistiti. Anzi: la storia della letteratura scarta e avanza proprio grazie ad essi (la Divina Commedia, Don Chisciotte, l’Ulisse…). E una volta che lo scarto si è prodotto, ecco che l’oggetto non-identificato trova un suo posto e piano piano diventa norma. Quel che differenzia questi “oggetti”, nelle diverse epoche, è dunque il modo di impastare gli ingredienti che li fanno stare fuori dalla narrativa più tradizionale. Gli UNO di cui si parla in New Italian Epic sono interessanti per come integrano le caratteristiche tipiche della nebulosa, e non perché imboccano la strada del realismo mescolando eventi e finzioni, storie e testimonianze (pratica nient’affatto nuova).

Un altro ambito ricco di reazioni e spunti riguarda il concetto di postmoderno. La nebulosa del NIE, nella nostra interpretazione, si coagula in una determinata forma anche perché reagisce, tra le altre cose, a certi “postmodernismi da quattro soldi” tipici degli anni Novanta: sfiducia nella parola, ricombinazione ironica, disincanto, apologia dell’ineffabilità, irrisione del codice, meta-meta-metadiscorsi… Diversi commentatori hanno fatto notare che in Italia, e in letteratura, non c’era affatto bisogno di una simile reazione, per il semplice fatto che il postmoderno sarebbe rappresentato da un solo romanzo: Il nome della rosa di Umberto Eco. Tiziano Scarpa, invece, sottolinea che gli anni Novanta non furono solo postmodernismi da quattro soldi, e su questo siamo d’accordo con lui: è chiaro che ci interessa un certo tipo di reazione a quella mentalità, che ha intriso la cultura italiana ben oltre il suo materializzarsi sugli scaffali delle librerie.

Anche la periodizzazione del NIE (1993 – 2008) è stata oggetto di un’indagine approfondita. Se l’epica popular che abbiamo descritto è davvero un fenomeno nuovo, almeno per la quantità di opere che lo sostanziano, è giusto farlo iniziare con l’avvento in Italia della cosiddetta Seconda Repubblica? E’ quello lo smottamento, il crollo, dal quale prende il via l’esigenza di raccontare, con diverse allegorie, “la difficoltà di ereditare un mondo”? Non sarebbe più giusto adottare una prospettiva meno provinciale e prendere come punto d’origine la Caduta del Muro, o magari il 1991, cioè la fine del Secolo Breve e l’instaurarsi del Nuovo Ordine Mondiale (Prima Guerra del Golfo)? E dunque, almeno dal punto di vista storico, il NIE è la reazione a una valanga sociale e politica oppure il tentativo di raccontare storie diverse, frame concettuali alternativi rispetto al Pensiero Unico che ha caratterizzato il passaggio dalla Guerra Fredda alla Guerra Globale? La seconda ipotesi mi pare affascinante, e d’altra parte il ’93 viene fissato nel memorandum proprio come risvolto italico (visto che si parla di italian epic) dei vari scossoni iniziati a Berlino nel 1989. La Prima Guerra del Golfo, inoltre, come Prima Guerra in Diretta, rappresenta molto bene un’idea di narrazione e di informazione che il NIE cerca di superare: il mito del reality, della telecamera sempre accesa come garanzia di obiettività, della verità come pura corrispondenza ai fatti, senza un racconto che li organizzi, un’interpretazione che li faccia risaltare, una visione che li metta in rapporto diretto con il futuro. Dunque, facciamo pure due passi indietro, fino al 1991 e alla pubblicazione postuma di Petrolio. Resta il fatto che la nebulosa si è fatta ben visibile, matura e fitta di opere soprattutto a partire dalla fine degli anni Novanta, e in particolare dal crollo delle Torri Gemelle (un’icona eloquente della fine dell’era postmoderna). E’ stato soprattutto da quel momento, ad esempio, che la narrativa di genere più classica si è posta il problema di un superamento di sé stessa, per evitare quella “stanca ripetizione” che Tommaso De Lorenzis ha paragonato al Termidoro del 1794 [7].

Il New Italian Epic, proprio in quanto descrizione di un insieme di libri, è molto legato allo specifico letterario. Ciò non toglie che le sue caratteristiche si possano adattare anche ad altri campi. Per il cinema, Mauro Gervasini ha fatto i nomi di Gomorra di Matteo Garrone e Il Divo di Paolo Sorrentino [8]. Guido Chiesa gli ha fatto però notare che il tono emotivo e lo sguardo adottato di questi due film è in realtà molto distante da quello dei libri classificati come NIE [9]. In entrambi i casi si avverte un forte distacco del regista dalla sua materia, una barriera estetica che ne impedisce il coinvolgimento. Il risultato è che la barbarie viene contemplata, senza preoccuparsi di interpretarla o di metterla in relazione con un’alternativa possibile, che rompa il piano della coazione a ripetere, dell’eterno ritorno, del Male inevitabile che possiamo soltanto descrivere. Questa riflessione ha spinto a cercare altrove un NIE di celluloide e a trovarne traccia, piuttosto, in una ormai vasta galassia di “oggetti documentari non identificati”: dai film di Alina Marazzi (Un’ora sola ti vorrei, Vogliamo anche le Rose) a Le pere di Adamo dello stesso Guido Chiesa, ai Sogni di Cuoio di Meneghetti e Pandimiglio, a Valzer con Bashir di Ari Folman, tanto per uscire dai confini nazionali [10].

Per concludere, vorrei riportare un commento da Letteratitudine, firmato Lorenzo Amato, che mi sembra riassumere bene, con una metafora “alla Benjamin”, alcune delle tematiche affrontate e ancora da sviluppare.

“Il NIE, in questo distinguendosi non solo dagli autori immediatamente precedenti, ma anche dai maestri come Pasolini e Sciascia, non è una letteratura di testimonianza, né propone soluzioni per una battaglia in corso, ma piuttosto sembra analizzare i cocci e le rovine lasciate dalla battaglia. Come fossero pezzi di un mosaico visto tanti anni fa, da bambini, e che si cerca di descrivere in base ai lacerti rimasti, nel modo meno banale possibile, sapendo che comunque il mosaico originale non tornerà più. La speranza implicita è che questa analisi porti a riutilizzare i pezzi sopravvissuti, in nuovi mosaici altrettanto belli.”

NOTE

1. L.Mastrantonio, NIE, il cyberbook sull’epica italiana non pacificata, in Il Riformista, 5 febbraio 2009

2. Sezione di Carmilla dedicata al NIE.

3. Nazione indiana, 14/02/2009.

4. Intervista a Wu Ming 1 e discussione su Letteratitudine, 25/02/2009.

5. Tiziano Scarpa su Il Primo Amore. [ Qui la risposta di WM1, PDF]

6. Diverse critiche si sono appuntate su questo elenco di caratteristiche. Spesso lo si è tacciato di essere “troppo largo”. Una contrapposizione simile a quella tra Frege e Wittgenstein, quando il primo sosteneva che “un’area non chiaramente delimitata non può neppure chiamarsi un’area”, e il secondo rispondeva che “Tutto dipende dallo scopo. E’ inesatto non dare la distanza dal sole a noi fino al metro?”

7. T. De Lorenzis, Termidoro Carmilla, dicembre 2005.

8. M.Gervasini, Cinema e Gomorre. Carmilla, giugno 2008.

9. G. Chiesa, Dove c’è sentimento, c’è speranza Carmilla, gennaio 2009.

10. Si veda a questo proposito il percorso di studi elaborato nella Scuola di Media Design & Arti Multimediali NABA: Dagli UNO alla New Italian Epic

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“MATERIALI DI BASE” PER CAPIRE IL DIBATTITO

LA VOCE “NEW ITALIAN EPIC” SU WIKIPEDIA

WU MING 2: INTERVISTA A MOMPRACEM SUL NEW ITALIAN EPIC
MP3, 128 k, 19 MB. Durata: 21 minuti. Mompracem è un “settimanale avventuroso di letteratura” che va in onda tutti i sabati alle 17:30 su Radio Città del Capo, Bologna. Quest’intervista ci sembra molto, molto chiara e può essere un ottimo punto d’ingresso al dibattito sul NIE.

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NOVITÀ, CURIOSITÀ E INIZIATIVE SUL NIE

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FESTIVAL “NARRAZIONI” A POGGIBONSI (SI)
Sabato 4 Luglio sarà la giornata del festival “Narrazioni” dedicata a NIE e dintorni.
H. 18,00 Reading da editi ed inediti di
Wu Ming 2, Alessandro Bertante, Girolamo De Michele

A seguire:
Ritrovare fiducia nella parola: New Italian Epic.
Tavola rotonda con Wu Ming 2, Alessandro Bertante, Girolamo De Michele. Coordina Dimitri Chimenti.

H. 20,15 Reading musicale:
PONTIAC — Storia di una rivolta
Wu Ming 2 & Band: Paul Pieretto — Stefano Pilia — Federico Oppi — Egle Sommacal

GHEDDAFI E IL NIE. Leggendo i resoconti della visita del leader libico, qualcuno di noi si è detto: “Questa pagliacciata post-coloniale sembra un racconto grottesco di Evangelisti, Genna o Wu Ming”.
Alessandro Vicenzi ha avuto la medesima impressione. Da qui la brillante combinazione foto-didascalia apparsa sul suo tumblr.
Subito dopo, sul suo blog “Buoni presagi”, Vicenzi ha spiegato l’accostamento.
Una cosa va detta: il paragone tra Gheddafi e Gene Simmons dei Kiss è particolarmente azzeccato.

sebastiani2.jpg NEW ITALIAN EPIC E FUMETTO. L’8 giugno scorso, sulle pagine bolognesi di Repubblica è apparso un breve articolo di Alberto Sebastiani, a metà tra intervista a Wu Ming 1 e “appello” a chi si occupa di fumetto. L’invito è a raccogliere gli spunti emersi dal dibattito sul NIE, per avviare una riflessione simile in quell’ambito.

A PROPOSITO DI FUMETTO: NOBODY IS ETERNAL Quasimai, pseudonimo di un autore di comics già intervenuto in alcuni dibattiti telematici sul NIE, ha pubblicato on line un suo contributo. E’ un vero e proprio mini-saggio a fumetti, in forma di dialogo filosofico tra due opposti modelli di scrittore, e attinge all’iconografia di Barry Lyndon. Più che un commento al memorandum, è una parodia di alcuni momenti da blog. E’ interessante vedere come la discussione stessa sia diventata una sorta di “opera” da cui trarre opere derivate.

INTERVISTA A STEFANO JOSSA SU “L’ALTRO”. L’italianista Stefano Jossa insegna al college Royal Holloway della University of London ed è autore di libri come L’italia letteraria (Il Mulino, 2006) e Ariosto (Il Mulino, 2009). Qualche tempo fa è intervenuto su Carmilla a proposito di NIE. Ora proponiamo un’interessante intervista apparsa di recente sul quotidiano “L’Altro”, in cui Jossa parla di NIE, realismo, impegno etc. Qui l’immagine JPEG dell’articolo, resa non eccelsa ma leggibile.

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