di Giuseppe Genna

bushmonkey.jpgbushmonkey1.jpgCi risiamo. Quel gioiello white trash che è l’Amministrazione Bush jr manifesta un’arsura di gola che sembra inestinguibile: ha sete di sangue, ha appena finito di sorseggiare plasma al popolo irakeno e ancora vuole bere. La congrega funebre che pretende di governare ogni respiro di qualunque essere vivente sul pianeta a partire da laccate scrivanie in quel di Washington è molto ghiotta di globuli rossi e ha scoperto che succhiare sangue è facile come bere coca da un distributore automatico: vai, metti la monetina, pigi il pulsantino illuminato, esce il prodotto rinfrescante, godi per un po’ e poi via: nuova monetina, ancora il pulsante, ancora bibita d’élite di massa. In questo caso, il pulsante luminoso irradia un colore paradossale: l’arancione. Una tinta che in qualunque tradizione metafisica denota l’aspirazione alla pace, possibilmente mentale, plausibilmente civile planetaria e universale. Non per la metafisica americana: qui l’arancione significa pericolo – di bombe, attentati, assalti all’arma chimica. La massa beota americana ci casca una volta di più: il governo Bush ha innalzato la soglia di pericolo accedendo al livello arancione, gli americani tremano come popcorn in bollore. E’ il preludio funesto a una nuova puntata della loro soap opera preferita: una soap tragica e realissima, intrisa di sangue altrui.

L’Amministrazione del Male ha scioccato la scimmia sciocca. Come negli esperimenti più arcaici del comportamentismo pavloviano: schiacci il bottone, si accende la luce arancione, immediata reazione neurofisiologica che trasmette al cerebro il segnale di pericolo, con ovvio innalzamento delle quote di terrore. Dal cane di Pavlov, salivoso essere che simbolizza la ferina e imbecille condizione dell’antiSpartakus, alla massa indiscriminata degli americani d’inizio millennio: il passo è breve, il risultato è il medesimo.
bushmonkey2.jpgBush e i suoi scherani raccolgono oggi i progressivi successi di un’educazione spartana condotta a botte di controllo mentale interno agli Usa. Basti pensare (ma prima: conoscere) il programma COINTELPRO e i devastanti effetti che ebbe sui Movimenti americani degli anni Sessanta, condotti all’isolamento da un robusto e massivo processo di condizionamento psichico effettuato sulla middle class statunitense (se desiderate saperne di più, comprate e leggete assolutamente Police State of America, che raccoglie scritti allucinanti di Frank Morales, Michael Novick, Ron Ridenhour, Arthur Lubow, Mitzi Waltz, Douglas Valentine e Tom Burghardt: il meglio della controinformazione a stelle e strisce; oppure date uno sguardo qui). Tra tutte le possibili declinazioni che il programma di Massive Mind Control ha preso, sottolineo questa (una tradizione minoritaria), per fare comprendere che, allo stato attuale, non è tanto la massa da condizionare che importa a Bush & co., quanto il nemico da isolare: che è il Movimento dei Movimenti. Il condizionamento psichico non è infatti un’arma generalista: non colpisce i nemici, a patto che questi siano accorti e informati delle tecniche comportamentiste che vengono utilizzate contro di loro. Del resto, non è più nemmeno un problema il consenso delle masse: le élite tecnocratiche lo danno per scontato, grazie all’influenza e alla penetrazione raggiunta dai sistemi di condizionamento (non soltanto la tv, ovviamente, ma autentici protocolli del sapere e innesti robusti di buon senso preordinato: lo scientismo, il progressismo da una parte e il reazionariato dall’altra, l’ideologia della democrazia finzionale – per fare soltanto alcuni esempi). Più che il consenso generalizzato per condurre una nuova operazione bellica, Bush e i suoi tentano anzitutto di zittire la vasta opposizione planetaria che appare oggi l’unico soggetto in grado di interferire con i piani neoconservative. Di qui, la necessità dell’antidoto: controinformazione, controcultura, diffusione e selezione di notizie, uscita dal tunnel della paranoia (il complottismo è una delle armi più alienanti in mano a chi gira le manopole del macchinario che irradia controllo mentale).
Detto questo e promesso che non smetteremo mai di ribattere colpo su colpo, sul piano della controinformazione e della controcultura, all’assalto alienativo americano, ci preme constatare che questo innalzamento della soglia di allarme, che ha acceso negli Usa il famigerato “livello arancione”, prelude all’ovvio obbiettivo militare: che è l’Iran. Vale la pena di spendere qualche incauta osservazione, a tal proposito: osservazione del tutto personale, che non rappresenta nessuna delle menti al lavoro su Carmilla, sia chiaro.
Ritengo che sia Al Qaeda sia Saddam abbiano fornito alla geopolitica neoconservatrice americana un ottimo biglietto d’ingresso nella regione mediorientale e una splendida patente diffamatoria per quel movimento, giudicato tout court eversivo, che è la Jihad islamica. Dagli attentati dell’11 settembre, gli Usa hanno avuto mano libera pressoché su tutto, ma si sono ben guardati dal tentare l’assalto ai nuclei realmente pericolosi che stanziano in quella regione. Soprattutto l’Iran costituisce una minaccia: nel senso che presenta un territorio assai difficilmente conquistabile e incarna l’autenticità della Jihad. I contatti pluriennali con Bin Laden (in Afghanistan) e Saddam hanno nei fatti configurato la presenza di due ambigui passaporti per la guerra all’Islam. E che il vice di Bin Laden offra proprio in queste ore, con una dichiarazione delirante che parrebbe dimostrare la sconfitta definitiva di Al Qaeda ma che superficialmente appare un appello ai kamikaze, beh, appare più che sospetto.
Come diceva Fortini, c’è un cattivo odore nell’aria. Tempi da lupi che salivano di fronte al piatto di sbobba. A noi non resta che disattivare il led della lucina che stimola la ptialina dei lupi addomesticati.